Abstract
L’espressione delle emozioni è un tema che attraversa diversi ambiti di studio, fra cui le arti visive e le neuroscienze. Considerando la trattatistica sull’arte del XVI e XVII secolo e le sue connessioni con la Fisiognomica e la Recitazione, si possono riscontrare delle stringenti assonanze con quanto le neuroscienze, soprattutto in seguito alla scoperta dei neuroni specchio, stanno chiarendo sui meccanismi cognitivi del corpo-cervello.
La convinzione che la pittura avesse un profondo impatto sull’osservatore, facendolo dunque “movere” - ossia emozionare - era un punto nevralgico dell’Ut pictura poësis, cioè l’equiparazione dell’arte visiva a quella della parola così importante nella trattatistica di Cinque e Seicento. La rappresentazione dei “moti dell’animo” si otteneva studiando dal vero, per far sì che il riguardante si sentisse mosso da ciò che vedeva.
Il ruolo centrale attribuito al corpo in movimento lo si riscontra anche nel ricorso alla recitazione quale pratica creativa in molti artisti del tempo.
La centralità del corpo sia dell’artista nel creare, sia dell’osservatore nel fruire, vengono qui messi in relazione con il ‘paradigma motorio’ delle neuroscienze, da cui emerge che «è col corpo (non solo con il cervello) e le sue capacità di movimento e di azione che noi pensiamo e conosciamo».